Quando si immagina come saranno le città in un prossimo futuro non si può non pensare, a volte con un po’ di preoccupazione, agli scenari promossi dalla letteratura e dal cinema, in cui la tecnologia ricopre un ruolo di spicco nella vita quotidiana di ognuno. In effetti, la progressiva diffusione dello smartphone e il crescente utilizzo di tecnologie che ne richiedono l’utilizzo ha modificato profondamente il funzionamento delle città in cui abitiamo, influendo in maniera significativa sul nostro modo di vivere il contesto urbano: ma basta questo a rendere una città una smart city?
Il termine smart cities, o città intelligenti, richiama ad una visione urbanistica e architettonica pensata per formulare alcune strategie di pianificazione in grado di ottimizzare il funzionamento dei vari servizi a disposizione del cittadino. L’idea che sottende questa concezione mira a mettere in relazione le risorse infrastrutturali del luogo con le potenzialità umane e sociali di chi lo abita, col fine di migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini.
L’attuazione di tali strategie fa ampio ricorso alle risorse messe a disposizione dalle innovazioni tecnologiche, prestando particolare attenzione a quelle utilizzabili negli ambiti della mobilità, dell’efficienza energetica e della comunicazione. Questi settori, influendo direttamente nella quotidianità di ognuno di noi, giocano infatti un ruolo fondamentale nel miglioramento delle condizioni di vita all’interno della città.
Concentrarci sulle tecnologie utilizzate rischia però di mettere in secondo piano un altro elemento di primaria importanza: il capitale umano e sociale. Il rendimento di una città e il suo funzionamento, infatti, non dipendono soltanto dal suo capitale fisico, ossia dalla quantità e dalla qualità delle infrastrutture messe a disposizione dei cittadini, ma anche e soprattutto dal loro rapporto con le istituzioni e la cosa pubblica.
La comunicazione gioca un ruolo fondamentale nell’espressione del potenziale umano e sociale: è soltanto coltivando il dialogo tra il cittadino e le istituzioni che sarà possibile definire le modalità più consone allo sviluppo di quella specifica realtà locale, e soltanto incentivando la comunicazione e la collaborazione tra cittadini si potrà incoraggiare la creazione di un senso civico e di comunità tale da garantire un utilizzo rispettoso e responsabile della cosa pubblica. Sul piano infrastrutturale, inoltre, lo sviluppo tecnologico portato dalla digital trasformation all’interno della PA e il crescente utilizzo dell’internet of things per implementare l’efficienza dei servizi pubblici può contribuire ulteriormente a migliorare la vita quotidiana dei cittadini e a facilitare il lavoro di quanti si occupano di garantire il corretto funzionamento di alcuni settori di pubblico interesse, incrementando la fiducia del singolo nei confronti delle istituzioni.
Nonostante l’immagine di smart city a cui siamo abituati ci sembri qualcosa di estremamente avanguardistico, i primi accenni ad una pianificazione smart del contesto urbano risalgono addirittura alla metà del secolo scorso, quando alcune città iniziarono a raccogliere dati in merito all’utilizzo dello spazio pubblico e ad elaborarli tramite alcuni dei primi sistemi di sintesi. Grazie alle informazioni raccolte, era possibile elaborare dei veri e propri piani di business intelligence, utili tanto agli imprenditori che desideravano avviare o implementare l’azione delle proprie aziende sul territorio quanto ai governatori per compiere in maniera informata varie iniziative di pubblico interesse.
Inizialmente, l’incremento della tecnologia all’interno della città non fu accompagnato da una reale consapevolezza delle sue potenzialità. Molte delle infrastrutture più moderne furono inserite all’interno di diversi contesti urbani senza un piano urbanistico concreto e senza la reale consapevolezza dell’impatto che avrebbero avuto sulla cittadinanza. Soltanto in un secondo momento, in quella che potremmo definire un modello di smart city leggermente più evoluto, si è iniziato a prestare attenzione alla raccolta dei dati e alla fase progettuale.
Le città intelligenti di seconda generazione nacquero quindi da presupposti totalmente diversi: lo sviluppo del nucleo urbano nasceva da progetti innovativi definiti a tavolino, in cui le tecnologie da utilizzare venivano scelte in base al risultato che si desiderava raggiungere. Pur segnando un significativo miglioramento, anche questo modello di città intelligente non sembra aver prodotto risultati particolarmente soddisfacenti: le motivazioni di ciò sono probabilmente da ricondurre alla mancanza di partecipazione al processo da parte della popolazione cittadina, considerata come semplice fruitrice di queste politiche.
Negli ultimi tempi si è iniziato a ripensare profondamente le logiche che avevano governato questo processo fino ad ora, sostituendo a alla progettualità classica un approccio bottom-up più attento alle esigenze dei cittadini. Cercando di coinvolgere le persone che abitano il tessuto urbano nei processi decisionali e nella realizzazione del cambiamento si è potuta osservare la sempre più frequente nascita di modelli collaborativi capaci di alimentare lo sviluppo locale più di qualsiasi tecnologia. All’interno di questo contesto, l’utilizzo della rete gioca un ruolo fondamentale: questa infatti, più di ogni altra innovazione, permette alla cittadinanza e alle istituzioni di incontrarsi virtualmente e di costruire un dialogo serrato, incentivando l’adozione di comportamenti di cittadinanza attiva e modelli di progettazione partecipata.
Uno degli esempi più interessanti di come questo processo si sia sviluppato e sia maturato nel corso del tempo è dato dalla città di Curitiba, capitale dello stato del Panarà, nel sud del Brasile. Popolata da quasi due milioni di abitanti, questa costituisce uno dei centri abitati più popolosi di tutto il Brasile, nonché il polo urbano con la migliore qualità della vita. Nel 2010 ha ricevuto il riconoscimento di città più ecosostenibile al mondo ai Globe Sustainable City Award, nonostante il suo settore industriale sia talmente avanzato da renderla uno dei poli economici più importanti dell’America Latina.
Il percorso che ha condotto Curitiba a raggiungere tali risultati inizia addirittura negli anni ’60, quando un progressivo incremento della popolazione inizia a mettere in difficoltà la tenuta dei servizi infrastrutturali. In pochi anni Curitiba vede raddoppiare la propria popolazione, trovandosi a fronteggiare enormi difficoltà soprattutto sul piano della mobilità: l’accresciuto numero di autovetture porta a frequenti ingorghi stradali e ad un netto peggioramento della qualità dell’aria. La riconfigurazione urbanistica inizialmente proposta dalle istituzioni, che avrebbe previsto la creazione di strade più ampie e sovrapassaggi, modificando radicalmente l’aspetto del luogo, incontrò la fortissima resistenza della cittadinanza raccolta attorno alla guida di quello che sarebbe presto diventato un personaggio di spicco all’interno di questa vicenda: Jaime Lerner.
Architetto e urbanista, Jaime Lerner sosteneva che questa riconfigurazione dello spazio cittadino avrebbe contribuito a cancellare il passato di Curitiba, ripetendo quei processi di radicale urbanizzazione che avevano interessato altre capitali brasiliane, Brasilia più di ogni altra. Convinto degli evidenti limiti e dei sacrifici che questo approccio imponeva al luogo, decise di promuovere un modello di sviluppo alternativo, incentrato sulla transizione ecologica e finalizzato a massimizzare il benessere dei cittadini. Le autorità rinunciarono ad attuare il piano inizialmente proposto e chiesero l’elaborazione di un nuovo progetto a cui lo stesso Lerner collaborò.
Le idee del giovane architetto videro presto attuazione: pochi anni dopo la stesura del secondo progetto, infatti, Lerner venne eletto sindaco di Curitiba ed ebbe modo di compiere alcuni importanti interventi che contribuirono a migliorare il rendimento della città. Una delle prime azioni a cui si dedicò fu la ristrutturazione del centro storico, seguita dall’istituzione di un’area pedonale sul corso cittadino: questi interventi furono inizialmente accolti con molto scetticismo, specialmente considerando le problematiche riguardanti il traffico che Curitiba si trovava ad affrontare, ma Lerner seppe guadagnarsi il consenso dei suoi concittadini. Per rendere attuabili queste iniziative, il giovane sindaco progettò piani di viabilità che scoraggiassero il passaggio degli autoveicoli sulla strada principale, accompagnandoli ad interventi urbanistici che incentivassero lo sviluppo commerciale e residenziale dei nuovi percorsi.
Coinvolgendo professionisti dei più vari settori, Lerner riuscì ad ideare un modello di sviluppo totalmente innovativo che ha continuato a crescere fino ai giorni nostri. Già nel 1974 venne istallato il primo sistema di bus rapid transit, una metropolitana di superficie che permise di rendere gli spostamenti urbani più rapidi e di ridurre significativamente il traffico e l’inquinamento atmosferico. L’estrema efficienza di questo servizio e la progettazione di un sistema gerarchizzato dei mezzi di trasporto spinsero moltissimi cittadini ad abbandonare le proprie autovetture, riducendo ulteriormente l’impatto ambientale. Lo sviluppo urbano, inoltre, fu pianificato nel rispetto della geografia e della biodiversità autoctona: ciò permise di limitare gli effetti dei fenomeni atmosferici sulla vita cittadina, oltre a garantire una media di spazi verdi pubblici pro capite tra le più alte del mondo.
Secondo quanto espresso da uno dei sindaci che hanno poi succeduto Jaime Lerner, Cassio Taniguchi, il raggiungimento di tali risultati non sarebbe stato possibile senza il supporto attivo della cittadinanza, che contribuì alla realizzazione di ogni progetto. Le partnership con aziende private del territorio svolsero un ruolo fondamentale: la partecipazione di queste realtà permise di realizzare le maggiori opere pubbliche limitando enormemente i costi e i tempi necessari. Ad esempio, la realizzazione della BRT Line, che avrebbe generalmente imposto di acquistare i bus nel corso del tempo, grazie alla partecipazione di alcune compagnie private, venne completata con grande rapidità, fornendo un servizio pubblico efficiente con tariffe alla portata di ogni cittadino.
Proprio l‘interesse nei confronti delle persone e la fiducia reciproca tra cittadini e istituzioni permisero di progettare tutte quelle innovazioni che nel tempo hanno reso Curitiba una delle prime smart city al mondo. In questo processo, il dialogo tra la cittadinanza e i suoi rappresentati costituì uno dei momenti più significativi.
In un’intervista al giornalista ambientalista Bill McKibben, nel 1995 Lerner affermò che
“E’ necessario sviluppare una certa complicità con le persone quando bisogna comprendere quali siano i loro problemi e i loro desideri. Le persone non devono vivere in città solo per sopravvivere. Devono amare la città. Devono avere con il luogo una di quelle relazioni che hanno a che fare con l’identità, con il senso di appartenenza.”
Comprendere il valore che l’agglomerato urbano ricopriva per quanti lo abitavano, considerandolo non come un insieme complesso di infrastrutture ma come un luogo atto ad ospitare vite fatte di legami e aspirazioni, contribuì enormemente ad indirizzare il processo di sviluppo di Curitiba, orientando le scelte amministrative in direzione di obbiettivi più attenti alle necessità umane. L’adozione di tali atteggiamenti ha presto suscitato un favorevole consenso nella popolazione, garantendo a questo indirizzo politico un notevole supporto. Sposando un approccio attento alle necessità quotidiane, Lerner segnò un cambiamento importante nella vita del paese, migliorando la qualità di vita dei propri cittadini e coltivando in loro un profondo senso di appartenenza alla città.
Proprio questo senso di appartenenza, costruito quotidianamente attraverso un dialogo serrato tra il cittadino e le istituzioni, ha permesso alla prima smart city al mondo di nascere e di raggiungere così rapidamente un tale livello di benessere. L’esperienza di Curitiba insegna che più di ogni innovazione tecnologica, è coltivando le relazioni che alimentano il tessuto urbano che si può incentivare quel senso di corresponsabilità che permette di preservare la cosa pubblica nella vita di tutti i giorni.
Video: How a Brazilian City Has Revolutionized Urban Planning
Photo & vector by freepik.com | Articolo scritto da Gloria Maini